Fino al 7 gennaio 2018
In parallelo con la grande mostra “Marino Marini. Passioni visive”, allestita in Palazzo Fabroni, Pistoia Capitale Italiana della Cultura 2017 rende omaggio a Kengiro Azuma che di Marino fu allievo, assistente e amico.
Questa occasione, come le altre sperimentate nel corso del 2017 con Guido Strazza, Mario Cresci, Fausto Melotti e Giulia Napoleone, e l’anniversario della scomparsa, hanno dato il destro al Sistema dei Musei e dei Beni Culturali ACAMM (Aliano, Castronuovo Sant’Andrea, Moliterno, Montemurro) per mettere in piedi un omaggio a Azuma tutto lucano, dividendo 36 sculture e 40 tra pastelli, disegni e opere grafiche (datate 1962-2010) nei Musei MIG, Paul Russotto, MAM e Fondazione Sinisgalli. Un itinerario a tappe che spinge il visitatore, fino al 7 gennaio 2018, a ripercorrere le stesse strade di Azuma, nei suoi viaggi in Basilicata tra il 2009 e il 2015, con ripetute soste a Castronuovo Sant’Andrea e lunghe scorribande tra Pollino e Appennino lucano.
L’opera di Azuma, pur se maturata accanto all’esperienza di uno dei maggiori scultori occidentali, qual è stato Marino Marini, in un silenzioso e devoto scambio tra maestro e discepolo sollecitato a penetrare la propria vera natura, ha conservato nel suo stile l’astratta e rigorosa simbologia tipica dello spirito orientale, richiamo diretto della filosofia Zen.
A questa astrazione, però, ha saputo sempre opporre il peso reale, ovvero l’energia della materia da cui è riuscito a sottrarre ogni sotterranea capacità plastica da esaltare in uno spazio che rendesse evidenti, mediante sottili trapassi luminosi, il gioco dei pieni e dei vuoti, il ritmo delle lastre parallele di metalli portati al più alto grado di raffinatezza espressiva. In questa costante alternativa o intreccio di giochi d’ombra, di buchi ora scuri e profondi ora trapassati da parte a parte, è evidente la concezione filosofica Zen corrispondente al contrasto tutto - nulla, all’immedesimazione tra le due forze che elidendosi si identificano l’una nell’altra.
Al centro di tutto c’è la meditazione, che insegna a tornare all’esperienza più profonda di sé per percepire chiaramente, senza forzare in alcun modo il processo di consapevolezza, che la forma è vuoto e il vuoto è forma, e le cose sono in continuo mutamento.
Ha scritto Azuma: “In tutti questi anni vissuti in un paese straniero ho inserito nella mia attività di scultore, dentro certe forme, tanto le cose della natura quanto aspetti diversi del pensiero umano che si plasma nella realtà quotidiana, così come il mio personale modo di vivere. Sono pienamente convinto che la vita non è altro che un incessante sforzo diretto all’avvicinamento dell’assoluto”.
Questa occasione, come le altre sperimentate nel corso del 2017 con Guido Strazza, Mario Cresci, Fausto Melotti e Giulia Napoleone, e l’anniversario della scomparsa, hanno dato il destro al Sistema dei Musei e dei Beni Culturali ACAMM (Aliano, Castronuovo Sant’Andrea, Moliterno, Montemurro) per mettere in piedi un omaggio a Azuma tutto lucano, dividendo 36 sculture e 40 tra pastelli, disegni e opere grafiche (datate 1962-2010) nei Musei MIG, Paul Russotto, MAM e Fondazione Sinisgalli. Un itinerario a tappe che spinge il visitatore, fino al 7 gennaio 2018, a ripercorrere le stesse strade di Azuma, nei suoi viaggi in Basilicata tra il 2009 e il 2015, con ripetute soste a Castronuovo Sant’Andrea e lunghe scorribande tra Pollino e Appennino lucano.
L’opera di Azuma, pur se maturata accanto all’esperienza di uno dei maggiori scultori occidentali, qual è stato Marino Marini, in un silenzioso e devoto scambio tra maestro e discepolo sollecitato a penetrare la propria vera natura, ha conservato nel suo stile l’astratta e rigorosa simbologia tipica dello spirito orientale, richiamo diretto della filosofia Zen.
A questa astrazione, però, ha saputo sempre opporre il peso reale, ovvero l’energia della materia da cui è riuscito a sottrarre ogni sotterranea capacità plastica da esaltare in uno spazio che rendesse evidenti, mediante sottili trapassi luminosi, il gioco dei pieni e dei vuoti, il ritmo delle lastre parallele di metalli portati al più alto grado di raffinatezza espressiva. In questa costante alternativa o intreccio di giochi d’ombra, di buchi ora scuri e profondi ora trapassati da parte a parte, è evidente la concezione filosofica Zen corrispondente al contrasto tutto - nulla, all’immedesimazione tra le due forze che elidendosi si identificano l’una nell’altra.
Al centro di tutto c’è la meditazione, che insegna a tornare all’esperienza più profonda di sé per percepire chiaramente, senza forzare in alcun modo il processo di consapevolezza, che la forma è vuoto e il vuoto è forma, e le cose sono in continuo mutamento.
Ha scritto Azuma: “In tutti questi anni vissuti in un paese straniero ho inserito nella mia attività di scultore, dentro certe forme, tanto le cose della natura quanto aspetti diversi del pensiero umano che si plasma nella realtà quotidiana, così come il mio personale modo di vivere. Sono pienamente convinto che la vita non è altro che un incessante sforzo diretto all’avvicinamento dell’assoluto”.