Nel gennaio 1921 Gabriele d’Annunzio, eroe di guerra e reduce dall’impresa di Fiume, decide di abbandonare Venezia per raggiungere il suo nuovo “rifugio” sulla costa bresciana del lago di Garda. Si tratta della villa Cargnacco a Gardone Riviera “appartenuta al defunto Dottor Thode.

È piena di bei libri: e questa nobile ricchezza mi fa sopportare le tracce della tedescheria non facilmente abolibili. Ma il giardino è dolce, con le sue pergole e le sue terrazze in declivio. E la luce calda mi fa sospirare quella di Roma. Rimarrò qui qualche mese, per licenziare finalmente il Notturno”, scrive alla moglie Maria Hardouin di Gallese.

Ma la previsione di rimanere solo per alcuni mesi è presto disattesa perché il Poeta decide di possedere finalmente una casa – le sue leggendarie dimore sono sempre state in affitto – e acquista dallo Stato la tenuta di Cargnacco con i rustici annessi, gli oggetti, i preziosi libri di Thode, e il giardino dove il profumo delle rose gli ricorda le amate atmosfere romane del Piacere.
Nella pace del lago d’Annunzio può dedicarsi a una nuova opera, l’ultima sua grande opera, fatta anche di parole, ma soprattutto di “pietre vive”, cioè la trasformazione della villa Cargnacco nel Vittoriale degli Italiani, una monumentale casa-museo che lo appassionerà come uno “dei miei poemi, come uno dei miei drammi, come un qualunque mio atto politico o militare, come una qualunque mia testimonianza di diritta e invitta fede”.