News

Il racconto del presidente: A Tavola con i Grandi...anche a Natale!

471117822 1094743425773091 3247109066046598645 nTutti noi abbiamo una festa del cuore che ci dona i ricordi più belli, una festa che amiamo in maniera particolare, fin dalla nostra infanzia. Per me questa festa è il Santo Natale che è la festa della nascita di Gesù, festa di pace, di amore, di dolcezza, dei bambini, della famiglia, degli affetti, di intimità e di condivisione. Il Santo Natale per me è la festa dei ricordi più belli, della famiglia raccolta intorno al presepio e all'albero, dell'atmosfera vera, del calore umano e familiare. Nei ricordi di questa festa vi è anche il cibo: non si può festeggiare senza ricorrere ad un cibo particolare. Se la festa è condivisione quale migliore condivisione da fare a tavola con le persone che amiamo e con cibi speciali preparati per l'occasione?

Tra questi vi sono per me, i panzerotti e le cartellate (i carteddat) che mia madre pugliese preparava a casa nostra in Toscana e che piacevano a tutti, sia toscani, sia pugliesi, a mio padre toscano in maniera particolare!

I panzerotti, quelli veri non quelli delle friggitorie attuali che ci mettono di tutto, sono costituiti da pasta lievitata ripiena, come fosse un grosso tortello o raviolo, che viene fritta e mangiata caldissima. I ripieni sono quelli tipici della vigilia, soprattutto la vigilia della festa dell'Immacolata (8 dicembre) e della vigilia di Natale. I ripieni sono tutti di "magro": mozzarella o ricotta con uova e parmigiano (nessuna passata di pomodoro, tipo pizza) oppure tonno o acciughe sott'olio con pomodoro e capperi. Mi raccontava mia madre Francesca che sua madre, mia nonna, Angela la vigilia dell'Immacolata il 7 dicembre aspettava che suo marito, mio nonno Luigi, portasse su in casa dal frantoio sottostante di loro proprietà, il primo olio di oliva appena franto che doveva servire per friggere i panzerotti e i "pupidd" cioè la pasta fritta vuota, senza ripieno, che si fa anche in Toscana con la pasta del pane lievitata e per la forma carattestica, in Toscana si chiamano "ficattole" (noi Toscani siamo sempre un po' irriverenti!).

Poi durante l'Avvento, una mattina dovevamo alzarci molto presto per fare le cartellate che prendono nome dal fatto, io credo, che siano costituite da una sfoglia che deve essere sottile come un foglio di carta. Le cartellate sono strisce sottili di spoglia (mio padre diceva così), ricavata dalla pasta fatta con farina, vino bianco e poco altro, che vengono intrecciate abilmente in modo che diventino delle specie di roselline con tante piccole conchette golose che saranno utili nella fase successiva. Dopo averle fatte seccare per un giorno o due, le cartellate si friggono in olio bollente, ma l'operazione non finisce qui. Dopo che sono fritte devono essere immerse in uno sciroppo dolce che si chiama vin cotto (altrove sapa o mostro cotto) che è come un miele fatto con il mostro del vino cotto lungamente oppure i più poveri lo ricavavano dai fichi che avevano subìto lo stesso procedimento, oppure miele (noi in Toscana quando non avevamo il vin cotto usavamo il miele di castagno che ha quasi lo stesso colore ed un sapore più pieno). Alla fine si decora il tutto con codette di zuchcero colorato. In Puglia da mia nonna, oltre le cartellate, facevano anche le nuvole (la stessa pasta a losanghe, ma non intrecciata) ed anche i calzoncelli (i calzuncidd) come ravioli della stessa pasta ripieni di pasta reale fatta con mandorle, zucchero ecc. e tutto sempre immerso a caldo nel vincotto o miele. Chi era più povero e non aveva le mandorle faceva i calzoncelli riempiedoli di ceci lessati e schiacciati, qualche candito e un po' di cioccolata (ed anche noi con mia madre in Toscana avevamo provato qualche volta a fare questa versione "povera"). Mi ricordava mia madre che in tutta la famiglia dei panzerotti e di questi dolci natalizi ne facevano delle quantità immense perchè le famiglie erano grandi e dovevano durare tutto il periodo delle feste e per conservarli li mettevano dappertutto, sotto il letto, nei cassetti vuoti del cassettone ed anche in grandi vasi da notte mai usati!

A me la festa del Natale ricorda questi sapori, questi profumi di fritto e di dolciumi, questi ricordi, questa nostalgia.

E non è come oggi che si comincia a mangiare panettoni e pandori alla fine di ottobre e quando si arriva a Natale non se ne desiderà più, ma i dolci di Natale si potevano mangiare soltanto quando si tornava dalla prima Messa di Natale che, mi diceva mia madre, non si celebrava a mezzanotte, ma verso le quattro del mattino. Se la sera prima si era potuto mangiare i panzerotti fritti con ripieno di "magro", i dolcetti di tutti i tipi si potevano mangiare solo a Natale e l'attesa accresceva il desiderio, ed anche il gusto, nel raggiungere l'obbiettivo lungamente desiderato. Quanto più desiderato, quando più gustato!

Ma questi ricordi non sono solo i miei personali, ma grazie ad un post dell'amico giornalista Nino Vinella che, forse ispirato da un nostro libro, ha pubblicato nel 2024 un libro intitolato, A tavola con De Nittis, Italien, peintre, gourmet (e i suoi amici). Egli, che è anche consulente onorario in Puglia per la nostra Associazione Nazionale Case della Memoria, mi conferma che molto simili ai miei furono i ricordi di un grande artista dell'Ottocento, come Giuseppe De Nittis (1846 - 1884), nativo di Barletta in Puglia, che ebbe grande successo come pittore nella Parigi dei grandi pittori, dell'Impressionismo e dei grandi movimenti artistici. Ancora oggi sul corso principale della città pugliese si trova la sua casa natale che noi auspichiamo dopo il restauro venga aperta al pubblico come Casa della Memoria (repetita iuvant!).

Nelle Notes et souvenirs du peintre Joseph De Nittis, stampato in francese nel 1895, ma riferito agli anni 1870-1884, il pittore stesso racconta: "V’è un’usanza nel mio paese, a Barletta in Puglia, che fu la felicità della mia infanzia. Dieci giorni prima di Natale, si preparano dei dolci che altro non sono che i dolci di miele dell’antichità. Tutta la famiglia si mette all’opera e tutta la casa ne è piena, per quanto grandi siano le stanze. Il fatto è che ne occorrono grandi quantità, perché se ne fanno scorpacciate per una decina di giorni. Le famiglie sono sempre numerose e poi si deve anche pensare a provvederne i parenti poveri. I dolci di miele sono sfoglie di pasta sottili come carta, ritagliate con una rotella nelle più svariate forme e avvolte in piccoli rotoli che vengono fatti asciugare su due panni stesi per terra. Poi, dopo uno o due giorni, si friggono nell’olio e si mettono ad asciugare su fogli di carta stesi su lenzuola. Quando si sono raffreddati, si immergono nel miele bollente e, spolverati di zucchero e cannella, vengono posti nei piatti. Noi cominciavamo a parlare di quei dolci due mesi prima, perché Natale è ovunque la gran festa dei bambini e nel Napoletano più che altrove".

Auguri all'inizio del 2025!

Adriano Rigoli

Image
Image